Accompagnata da clamorosi ritorni sulla stampa estera, è
arrivata in Italia la notizia che la Fair Trade Foundation inglese
starebbe per concedere ad alcune multinazionali del settore alimentare il
marchio di prodotto equosolidale FLO per alcune specifiche linee. Di seguito
le posizioni di Agices, di Transfair Italia e di Ctm Altromercato,
intervenuti nel merito del problema.
AGICES sulla posizione di Transfair Italia su Commercio Equo
e multinazionali
A seguito del comunicato inviato da Transfair Italia
relativo alla posizione espressa sull'articolo pubblicato dal The
Guardian,
AGICES, l'Associazione Assemblea Generale Italiana del
Commercio Equo e Solidale, considera importante la scelta di Transfair
Italia di non concessione dell'uso del marchio Fairtrade alla Nestlè e ad
imprese profit e multinazionali sottoposte a campagne di boicottaggio.
AGICES ritiene particolarmente utile mantenere alta
l'attenzione delle realtà del Commercio Equo e Solidale e del Terzo
Settore su questi temi, quali le politiche di apertura indiscriminata
verso le multinazionali o l'implicita legittimazione di politiche
economiche discutibili quali quelle dei g8, sulle quali si stanno
impegnando in sede IFAT e in sede FINE (i coordinamenti internazionali
del Fair Trade) diverse organizzaizoni del Commercio Equo e Solidale, per
meglio tutelare lo sviluppo del Fair Trade in Europa.
Il Consiglio Direttivo AGICES
AGICES appoggia la posizione di CTM altromercato su
Commercio Equo e multinazionali
Cari Soci,
le azioni di protesta e le prese di posizione sulle
multinazionali e Commercio Equo e Solidale continuano a susseguirsi.
Vi inoltriamo con piacere, di seguito e in allegato,
il comunicato che il Consorzio CTM altromercato, Socio AGICES, ha diffuso
qualche giorno fa, scusandoci con chi lo riceverà piu' volte.
AGICES appoggia e condivide fortemente le preoccupazioni
espresse dal Consorzio CTM altromercato e continuerà, in tutte le sedi
previste, a sostenere la centralità delle organizzazioni di Commercio
Equo e Solidale e i valori fondanti del Fair Trade che non possono
ridursi semplicemente alla ricerca di potenziali fatturati aggiuntivi.
Così come riportato nel documento di CTM, AGICES
"ritiene che l’eventuale inclusione delle Transnazionali (TNC) nel
Fair Trade non possa essere considerata come una questione tecnica,
limitata a verificare l’adeguatezza di standard e criteri, in quanto
riguarda sia le premesse che gli obiettivi del Fair Trade" e
concorda con l'opportunità, per il Commercio Equo e Solidale, di
"interessarsi ad un’evoluzione positiva del ruolo e dei
comportamenti delle imprese transnazionali, ed all’espansione nel mercato
di prodotti realizzati in condizioni eque: ma non ad ogni costo, ed
avendo una chiara strategia per il futuro".
Saluti solidali,
il Consiglio Direttivo AGICES
Comunicato di Transfair Italia
In seguito all'articolo pubblicato dal The Guardian (www.guardian.co.uk) il
21 settembre e alla posizione presa da Fairtrade Foundation pubblicata
nel sito della stessa associazione (www.fairtrade.org.uk),vogliamo
comunicare che la posizione del Consorzio Fairtrade TransFair Italia che
è la seguente:
- Fairtrade TransFair Italia ritiene che il Commercio Equo e
Solidale si possa sviluppare anche attraverso il coinvolgimento di
aziende che operano nel mercato internazionale;
-non ritiene comunque che questo sviluppo debba coinvolgere
aziende sottoposte a campagne internazionali di boicottaggio , come
quelle che riguardano Nestlè. Infatti, se da una parte queste aziende
andranno a sostenere alcuni produttori svantaggiati nei Paesi in via di
sviluppo attraverso il commercio equo e solidale, dall'altra
continueranno a tenere comportamenti che riteniamo eticamente scorretti;
-Fairtrade TransFair Italia non concederà in uso il marchio
Fairtrade a Nestlè, qualora l'azienda stessa ne facesse richiesta;
-Fairtrade Italia continuerà a sostenere questa posizione
all'interno di FLO e a fare pressione su Fairtrade Foundation per una
revisione della propria politica su questo tema
Nota diffusa da Ctm altromercato
Ctm altromercato ritiene che l’eventuale inclusione delle
Transnazionali (TNC) nel Fair Trade
non possa essere considerata come una questione tecnica,
limitata a verificare l’adeguatezza di standard e criteri, in quanto
riguarda sia le premesse che gli obiettivi del Fair Trade. Chiediamo
quindi che Flo non decida unilateralmente su questa importante questione.
Alla luce degli attuali documenti e discussione, Ctm
altromercato esprime dissenso sull’entrata delle TNC nel Fair Trade, e
ritiene che tale operazione non deve essere facilitata solo in funzione
dei potenziali fatturati aggiuntivi. Le ragioni connesse all’aumento di
accesso al mercato di prodotti/produttori Fair Trade, e la possibilità di
relazionarsi ad importanti attori del commercio internazionale non ci
sembrano motivi validi in assoluto, e comportano gravi rischi per
l’intero movimento. Rimane centrale per il Fair Trade l’ampliare il
mercato principalmente per i piccoli produttori: tale prospettiva non ha
esaurito le sue potenzialità.
Il Commercio Equo e Solidale deve certamente interessarsi ad
un’evoluzione positiva del ruolo e dei comportamenti delle imprese transnazionali,
ed all’espansione nel mercato di prodotti realizzati in condizioni eque:
ma non ad ogni costo, ed avendo una chiara strategia per il futuro. Le
TNC hanno il loro naturale spazio di sviluppo positivo nella
Responsabilità Sociale di Impresa (RSI), responsabilizzandosi rispetto ai
criteri della RSI nell’insieme delle proprie attività (e non solo in
alcune produzioni/piantagioni). A partire dal rispettare le convenzioni
internazionali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO),
pagando salari adeguati a livelli di vita degni, rinunciando alla
massimizzazione dei profitti utilizzando le opportunità del mercato
globale. Nessuna TNC deve entrare nel commercio equo senza aver prima
dimostrato di aver raggiunto in modo stabile e verificato tale livello, o
laddove vi siano cause in corso per violazione dei diritti dei lavoratori
o dell’ambiente. Ma laddove ciò accadesse, i lavoratori di tali imprese
non potrebbero essere considerati come “svantaggiati o marginalizzati”,
non risultando quindi il principale riferimento del Fair Trade. Occorre
quindi tenere in considerazione il riferimento centrale del Commercio
Equo: i piccoli produttori. Nessuna TNC deve entrare nel Fair Trade senza
essersi compromessa nel lavorare/acquistare una parte significativa della
produzione complessiva da piccoli produttori già attivi nel Fair Trade, e
senza aver predisposto un piano pluriennale di progressivo incremento di
vendite Fair Trade.
Per quanto si registrano dichiarazioni di intenti e
dinamiche positive, non riteniamo di essere alla vigilia di modifiche di
tale portata nelle pratiche delle TNC. Senza di ciò, il rispetto formale
di una TNC dei criteri operativi del Fair Trade solo in una piccola parte
della sua attività, non comporterebbe nel mercato globale modifiche tali
da giustificare l’apertura alle TNC della certificazione Fair Trade.
Qualora si andasse comunque in tale direzione, i rischi sono evidenti:
• Rispettando criteri Fair Trade solo per una piccola
percentuale della loro attività, le TNC possono facilmente promuoversi
come “eque”, portando gravi difficoltà di identità e riconoscibilità a
tutto il movimento Fair Trade, e difficoltà politiche ed economiche alle
organizzazioni Fair Trade;
• Le TNC sono coinvolte nella produzione dello squilibrio
Nord/Sud, nella diffusione di pratiche di dumping sociale, nel rifiuto
del concetto e della pratica di “prezzo equo”, nel condizionamento delle
istituzioni pubbliche; l’associare il loro marchio al Fair Trade comporta
perdita di credibilità e confusione del messaggio Fair Trade e delle sue
“relazioni esterne” che non può essere compensato dall’allargamento della
quota di mercato “equo”;
• C’è una tendenza in atto nelle TNC di acquisire il
controllo di una grande quantità di produzioni e soprattutto delle
filiere produttive; oltre un certo livello esse potrebbero quindi
acquisire un peso economico tale da incidere sugli equilibri interni al
commercio equo e controllare le politiche/criteri di certificazione;
• Includere le TNC nella certificazione equa e solidale potrebbe
promuovere anche dentro il commercio equo un contesto economico nel quale
le imprese più piccole sono acquisite da quelle più grandi, e – cosa
grave – i piccoli produttori potrebbero essere respinti o sfavoriti.
Il movimento del commercio equo e solidale non consiste solo
nel “produrre sviluppo” per i soggetti con cui viene in contatto. E
l’obiettivo di empowerment (rafforzare e rendere consapevoli) del Fair
Trade va oltre il pagamento di prezzi equi. E’ nostra responsabilità
contribuire alla modifica delle pratiche economiche e commerciali che
producono sottosviluppo e sfruttamento. L’entrata delle TNC nel Fair
Trade senza riuscire ad incidere sul loro contributo complessivo
all’attuale sistema economico allontanerebbe tale obiettivo, portando benefici
ad alcuni produttori/lavoratori ma danneggiando l’autorevolezza e la
pratica dell’intero movimento, e le organizzazioni Fair Trade già attive:
siamo convinti che la diffusione dei valori e dei criteri Fair Trade
dipenda prima di tutto dalla sostenibilità ed autorevolezza di
organizzazioni in grado di promuovere valori Fair Trade chiari e
riconoscibili come tali. Qualunque scelta che vada in direzione
contraria, pur di fronte a vantaggi nel breve periodo, non opera per
l’efficacia del Fair Trade nel lungo periodo.
Il Consiglio di Amministrazione di Ctm altromercato.
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